Il mito della bellezza, la sfida del futuro

Quando la bellezza ‘diffusa', la natura e il suo rispetto possono cambiare il destino di un Paese.

Gabriele Centazzo sta a Valcucine come Valcucine sta alla natura, alla bellezza e all'ambiente. Ma cosa significa bellezza, natura e ambiente? Ecco alcuni spunti di riflessione desunti, in forma d'intervista, da un suo memorabile intervento apparso sulle pagine di un importante quotidiano nazionale. Il suo è un appello a ritrovare l'essenza vera e autentica del ‘fare' italiano.

Webmobili: Quanto conta fare ricerca e per l'industria italiana, in generale, e del mobile in particolare?
Gabriele Centazzo: Moltissimo, tuttavia non può rappresentare l'unico vantaggio competitivo. Ne possediamo un altro – importantissimo – che stiamo seriamente rischiando di perdere: è il mito della bellezza. Sono cosciente che la bellezza può essere realizzata da un singolo individuo o da un'azienda, ma il mito della bellezza si raggiunge tutti insieme, costruendo un terreno comune che identifichi il Made in Italy con il bello. Se in Germania, per esempio, sono riusciti a costruire il mito della qualità non si comprende perché noi italiani che godiamo di un patrimonio di creatività, di geografia, di arte e di storia inestimabili non si possa fare altrettanto.

Webmobili: Quando parla del ‘Mito della bellezza” cosa intende? E cosa è accaduto al Paese che ha saputo dare, in passato, il meglio della creatività e della bellezza al punto da essere riferimento per intere generazioni (dall'arte, all', al … al paesaggio…). Da cosa dipende il degrado e l'avvilimento cui continuiamo ad assistere? Può farci un esempio?
Gabriele Centazzo: Parto dalla mia personale esperienza di imprenditore. La nostra azienda riceve quotidianamente clienti dal tutto il mondo. Li ospitiamo nella nostra sede e li accompagniamo in un ‘viaggio' dove la ricerca della bellezza è il filo rosso che permea tutta la filosofia di Valcucine. Peccato che quello che succede ‘fuori' contraddica in modo imbarazzante quello che accade dentro. Basta fare un viaggio dall'aeroporto di Venezia sino a dove ci sono i nostri stabilimenti, per capire cosa intendo. Il panorama è desolante, a cominciare dalla periferia di Mestre e dall'autostrada che è drammaticamente spoglia e senza verde. Una realtà che non è solo di queste parti… Non parliamo della Statale che è affiancata da una lunga pista ciclabile, separata da un cordolo dove neanche volendo, si potrebbe piantare un filare di alberi… L'imbarazzo non si ferma qui – e sarebbe già sufficiente – perché all'ora del pranzo la volontà è di trovare un locale che sappia unire la buona con un ambiente adeguato. Impresa pressoché disperata sul piano dell'estetica e del comfort. Ovvero arredi e finiture di gusto dozzinale con velleità di gran lusso e fonoassorbenza ridotta a zero che impedisce una normale e gradevole conversazione. Si potrebbe continuare nella descrizione del paesaggio che scorre davanti ai finestrini dell'auto nelle fasi di trasferimento da e per il ristorante, ma sarebbe un sottolineare la presenza di altre brutture. Il fatto è che c'è chi si abitua e non le vede neppure più… Non i nostri clienti che si domandano come un'azienda come la nostra, che ha una mission chiaramente ambientalista, possa tollerare un tale scempio. La domanda è assolutamente legittima”.

Webmobili: Che spiegazione da a questo stato di cose?
Gabriele Centazzo: Mi domando dove stiano i Sindaci, dove sia la Politica… Si asseconda questo modo di rapportarsi al territorio e alla storia dei luoghi. L'unica regola che vince è quella degli indici urbanistici, la mancanza di rispetto nei confronti del paesaggio, una completa ignoranza della progettazione del verde e dell'uso dei materiali. Tutto è alieno…Penso che una civiltà quando arriva a tanto degrado, senza che nessuno protesti o addirittura se ne accorga, significa che si è incamminata a grandi falcate sul piano inclinato della decadenza”.

Webmobili: Perché succede questo? Da dove si dovrebbe cominciare per ritrovare la ‘strada perduta'?
Gabriele Centazzo: La scuola, che è la base della cultura, non ha programmi e la capacità di trasmettere la cultura del bello. Le università di architettura e che dovrebbero formare i creatori della bellezza, sfornano quantità di e designer con una preparazione inadeguata al punto che quelli stranieri spopolano e portano una cultura internazionale standardizzata che si muove in tutt'altra direzione rispetto all'identità e al gusto della bellezza italiana. C'è poi una mania esterofila e di divinazione per certi nomi, che giustificano interventi nelle nostre realtà che hanno come unico risultato quello di essere assolutamente avulsi. Dobbiamo rilanciare le scuole di architettura e di design con l'inserimento di una più profonda cultura ambientale, una cultura del paesaggio, che oggi viene distrutto senza che qualcuno se ne renda conto. E' un capitale di inestimabile valore che va salvaguardato e che va lasciato in dote ai nostri figli”.

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