Analogico o digitale, il futuro è artigiano.

Il “saper fare” italiano sta riacquistando centralità e importanza? Se sì, in che forma e con quali nuovi significati? All' di Valcucine l'intreccio tra nuove tecnologie e tradizione artigiana è argomento di conversazione tra due esperti in materia: Stefano Micelli, autore del libro Futuro artigiano, e Gabriele Centazzo, Presidente di Valcucine. A fare da arbitro Luca De Biase, editor del Sole 24Ore.

Il 21 settembre 2011 alle 19 s'incontrano all'Eco Bookshop di Valcucine Stefano Micelli, professore universitario, e Gabriele Centazzo, Presidente di Valcucine. La conversazione, moderata dal giornalista Luca De Biase, prenderà le mosse da Futuro artigiano, l'ultimo libro di Micelli, per delineare un'altra idea d'.

Il colloquio è inserito nel programma della seconda edizione della Week di , una cinque giorni di eventi e conferenze che, in contemporanea ad altre undici capitali mondiali, mira ad approfondire il ruolo dei social network e delle nuove tecnologie nel mondo in cui viviamo. In questo caso, il focus sarà sull'interazione tra le nuove tecnologie e la tradizione del saper fare italiano.

Edito da Marsilio, il volume Futuro artigiano afferma che la competitività dell'industria italiana deriva proprio da quelle competenze artigiane, quel saper fare, che pochi altri paesi al mondo hanno saputo conservare. Partendo da qui, però, l'autore Stefano Micelli rifiuta l'idea di un ritorno nostalgico al lavoro manuale, e auspica invece un'evoluzione dell'artigianato come valore aggiunto e volano d'innovazione in un'economia globale.

Noi abbiamo un tesoro – spiega Micelli – la dimensione del saper fare. Questo valore ha un senso solo se il lavoro artigiano diventa alleato dell'industria e parte integrante del suo sistema operativo. Finora il management è stato razionalizzazione, delocalizzazione. Oggi le cose stanno cambiando. Basta guardare alle diverse aziende sul nostro territorio che, pur essendo multinazionali, hanno deciso di mantenere dimensioni culturali e operative tipiche del modo di fare italiano”.

Micelli correda le sue idee con una serie di casi pratici. Ecco allora spuntare le eccellenze dell'industria italiana nel mondo: dal gigante della moda Gucci a Fazioli, che produce un centinaio di pianoforti l'anno. Passando per Valcucine che, coniugando e sostenibilità, tecnologia e , è ormai diventata un esempio da seguire per le imprese italiane che vogliono farsi strada sul mercato globale.

In Valcucine abbiamo sempre creato dei prodotti innovativi che andassero a recuperare le capacità artigianali – spiega Centazzo – ad esempio abbiamo sviluppato una speciale tecnica per realizzare su vetro vari disegni a intarsio: un processo altamente tecnologico ma che affonda le sue radici nella tradizione”.

E il prezzo? “La personalizzazione è costosa – continua Centazzo – ma, a pensarci bene, costa più comprare 1000 rasoi usa e getta o uno bello, intarsiato che mi durerà tutta la vita? Io penso che quando si crea affettività nei confronti di un prodotto, si allunga anche la durata estetica del prodotto stesso, e il beneficio diventa sia economico che ambientale”.

Il recupero dell'artigianato da parte dell'industria diventa dunque un fattore chiave all'interno del processo d'innovazione. “Le storie raccontate da Micelli dimostrano quanto sia grande il potenziale di sviluppo per gli artigiani italiani che operano in questo nuovo contesto”, sostiene Luca De Biase, moderatore dell'incontro e capo redattore dell'inserto “Nova24” del Sole 24 Ore.

“Nell'economia della conoscenza il valore si concentra sull'immagine e la ricerca, l'informazione e la qualità, il senso che si può riconoscere nei prodotti”, conclude infatti De Biase, suggerendo così una stretta relazione tra l'innovazione al centro della Social Media Week e l'innovazione artigianale di cui parlano Micelli e Centazzo, con la speranza che possano avere un futuro comune.

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